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Le cartelle di pagamento
Le cartelle di pagamento, meglio note come cartelle esattoriali, sono quello strumento del quale si avvale la Pubblica Amministrazione per recuperare i crediti vantati a vario titolo nei confronti dei contribuenti.
Più precisamente, si tratta dell’atto inviato da Equitalia (ovverosia la società per azioni a partecipazione pubblica incaricata della riscossione dei tributi) per comunicare l’iscrizione a ruolo del debito da parte dei diversi enti impositori, quali possono essere, ad esempio, Inps, Comuni, Agenzia delle entrate, etc..
Trascorsi sessanta giorni dalla notifica senza che avverso essa sia stato proposto ricorso, la cartella esattoriale diventa titolo esecutivo ai fini della riscossione coatta del credito.
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Scomponiamo il contenuto della cartella ripercorrendo passo dopo passo il processo seguito e le formule utilizzate da Equitalia per il calcolo delle sanzioni, degli interessi di mora, dell’aggio ecc. per confrontarli con le norme tributarie che ne stabiliscono la corretta applicazioneLa perizia, risulta essere un indispensabile strumento per proporre ricorso ed eccepire la nullità della cartella come stabilito dalla Cass. Civ. Sentenza 21 marzo 2012, n. 4516: “L’omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi rende nulla la cartella esattoriale quando l’operato dell’ufficio diviene ricostruibile solo attraverso difficili indagini dovute alla vetustà della questione, che non competono al contribuente, il quale vede, così, violato il suo diritto di difesa.” Di fatto, nelle cartelle esattoriali, le formule utilizzate da Equitalia Spa per calcolare le maggiori imposte (sanzioni, interessi di mora, aggio ecc.) non sono indicate ed il contribuente non dispone delle capacità tecniche per poter verificare se le stesse siano corrette e rispettose delle norme.
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Verifichiamo analizziamo e controlliamo le cartelle di Equitalia S.p.A. che sono state oggetto o meno di rateizzo. In particolare, si potrà verificare l’eventuale:
– anatocismo tributario
– applicazione illegittima (ex art. 2 co. 3 del D.Lgs. n. 472 del 18/12/1997) dell’interesse di mora e dell’aggio sulle sanzioni
– illegittimità della tecnica di ammortamento impiegata per il rateizzo
– applicazione impropria di un tasso di dilazione non conforme ai dettami del D.P.R. n. 602/1973In particolare, verifichiamo e quantifichiamo i seguenti profili di illegittimità:
1) Anatocismo su:
• interessi di mora (che Equitalia S.p.A. calcola sul ruolo complessivamente considerato e quindi anche sulla quota di interessi di ritardata iscrizione a ruolo)
• interessi di dilazione sul ruolo (calcolati come al punto precedente)
• interessi di mora per il pagamento in ritardo di una rata (anche in questo caso calcolati da Equitalia S.p.A. sull’intera rata comprensiva di interessi). La L.106 del 07/07/2011 art. 7 comma 2 sexies e 2 septies ha espressamente stabilito il divieto di calcolare gli interessi di mora sugli altri interessi per i ruoli consegnati successivamente al 13 luglio 2011, 2011 rendendo quindi illegittimo l’Anatocismo Tributario. Di fatto, Equitalia, nonostante il divieto, continua a praticare Anatocismo Tributario.
2) Applicazione dell’interesse di mora sulle sanzioni: illegittima in virtù della disposizione dell’art. 2 comma 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 che stabilisce testualmente che: “La somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi.”
3) Compenso di riscossione (aggio) per la quota calcolata su interessi di ritardata iscrizione a ruolo, sanzioni e interessi di mora (ragioni legate alla concreta capacità contributiva del debitore vorrebbero che l’aggio fosse calcolato soltanto sul debito tributario escludendo queste basi di calcolo)
4) Piano di rateizzo realizzato con il metodo c.d. “alla francese”. Questa scelta non è disciplinata da nessuna norma, ma è stata decisa discrezionalmente da Equitalia attraverso l’emanazione della Direttiva di gruppo DSR/NC/2008/012 del 27 marzo 2008 avente ad oggetto: “Istruzioni applicative in materia di rateazione delle somme iscritte a ruolo” con la quale si dispone che: “Il piano di ammortamento dovrà essere predisposto con il metodo alla francese”. Siffatta tipologia di piano di ammortamento comporta l’applicazione di un tasso effettivo TAE maggiore del tasso contrattuale stabilito dalla legge (articolo 19 del D.P.R. n. 602/1973)comportando la corresponsione di un interesse maggiore del dovuto a danno del contribuente. Numerose sentenze di merito hanno stabilito tale evidenza stabilendo il ricalcolo del piano ad un tasso sostitutivo. -
Ricalcoliamo il piano di rateizzo e gli importi da recuperarequalora dovesse rilevare un tasso effettivo maggiore di quello stabilito per legge .In particolare,operiamo un ricalcolo degli interessi con la scelta di diversi tassi sostitutivi: a tasso di legge ovvero come stabilito dall’articolo 19 del D.P.R. n. 602/1973, a tasso legale o zero, decidendo anche la tipologia di ammortamento da impiegare per il ricalcolo, potendo scegliere se mantenere la struttura di rimborso del capitale prevista dal contratto originario (alla francese) ovvero optare per uno sviluppo a quote a capitale costante. Calcoliamo automaticamente anche il TAEG del rateizzo considerando l’aggio e gli interessi di mora (che non sono capitalizzati) come spese, al fine di verificare anche profili di usurarietà
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Quantifichiamo l’ammontare delle eventuali somme non dovute e degli interessi legali maturatiIn base al ricalcolo del piano di ammortamento quantifichiamola differenza tra quanto corrisposto e quanto previsto dallo sviluppo del piano ricalcolato. Applicando eventualmente tali importi l’effetto di rivalutazione monetaria (determinato in base agli indici Istat).In definitiva, quantifichiamo l’importo da recuperare attraverso una eventuale azione legale nonché l’ammontare degli interessi legali maturati su tali somme.
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Redigiamo la perizia per il ricorso presso la Commissione Tributaria competente. La perizia, grazie all’impiego di complessi algoritmi di business intelligence, è ricca di commenti che seguono le opzioni di ricalcolo se di riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati completa di tutti i dati e i risultati ordinati e tabellati con descrizione delle tecniche di analisi e ricalcolo impiegate e con un’approfondita ed aggiornata sezione di inquadramento normativo e giurisprudenziale delle fattispecie analizzate.
Costo Preanalisi Cartelle Equitalia da 12€ i.e ogni cartella (max 300,00 €) oltre una quota di 50€ i.e per eventuale presenza di un piano di rateizzazione esistente .
Il costo di perizia sarà personalizzato successivamente ed è in riferimento all’attività da svolgere.
I documenti necessari ad effettuare tale verifica.
1)Tutte le cartelle Equitalia
e/o
2) Tutti gli estratti Di ruolo delle cartelle (da richiedere in Equitalia)
3)Eventuale accoglimento dell’istanza di rateazione presentata in Equitalia ((da richiedere in Equitalia)
4) Tutti pagamenti effettuati sia prima che durante un’eventuale piano di rateizzo.
Quanto tempo ho per impugnare la cartella esattoriale di Equitalia?
Le cartelle di pagamento emesse da Equitalia sono impugnabili entro termini differenti a seconda sia del motivo per cui si intende impugnarle, sia della natura dell’importo che l’Agente della riscossione chiede in pagamento. 1) Se la cartella si riferisce a sanzioni per violazioni del codice della strada, il cittadino avrà: – trenta giorni per impugnarla (dinanzi al Giudice di Pace del luogo della violazione) se il motivo dell’impugnazione è la mancata notificazione del verbale; – venti giorni di tempo (dinanzi al Tribunale quale Giudice dell’esecuzione) se il motivo dell’impugnazione è qualche vizio formale della cartella stessa (ad esempio, mancanza di firma della cartella, mancanza delle indicazioni del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo o di compilazione della cartella ecc.); – non avrà limiti di tempo per impugnarla (dinanzi al Giudice di Pace del luogo in cui la cartella è stata notificata) qualora il cittadino eccepisca la prescrizione dell’importo per decorso di oltre cinque anni dalla notificazione del verbale. 2) Se la cartella si riferisce, invece, a contributi previdenziali Inps o Inail, il cittadino avrà: – quaranta giorni di tempo per impugnarla (dinanzi al Tribunale del lavoro del luogo di residenza del contribuente) se il motivo di impugnazione si riferisce a vizi relativi al ruolo (tipico vizio è l’iscrizione a ruolo dell’importo al di là dei termini di decadenza previsti dalla legge); – venti giorni di tempo per proporre opposizione (dinanzi al Tribunale del Lavoro come sopra) se eccepirà vizi formali relativi alla cartella; – non avrà limiti di tempo, invece, se verrà sollevata l’eccezione di prescrizione del credito previdenziale (sempre dinanzi al Tribunale, sezione lavoro). 3) Infine, se la cartella si riferisce a tasse o tributi statali o comunali, il cittadino avrà solo e sempre sessanta giorni di tempo per impugnarla qualunque sia il vizio che vorrà sollevare e dovrà farlo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale del luogo in cui ha sede l’Ente creditore. In conclusione è doveroso precisare che tutti i termini previsti per l’impugnazione della cartella decorrono dalla data in cui la cartella viene recapitata al contribuente, oppure, in caso di temporanea assenza, dal giorno in cui lo stesso recupera il piego giacente presso l’ufficio postale.
Quali sono i vizi ?
Esistono due tipi di vizi: a) quelli sul merito, ossia se la tassa o la sanzione siano dovuti o meno (per esempio, se gli importi sono stati da voi già pagati, o vi spetta un pagamento inferiore, ecc.). Tali valutazioni le lasciamo al vostro commercialista o legale, non potendo conoscere la vostra situazione contabile/fiscale; b) quelli sulla forma, ossia sul rispetto delle regole e della procedura imposta dalla legge ad Equitalia per richiedere tali pagamenti. In genere, tali vizi vengono spesso utilizzati da chi sa che deve pagare, ma cerca un espediente per non farlo o per ritardare il pagamento.
1)Difetto di notifica. La legge, infatti, impone al postino di rispettare determinate formalità prima di consegnarvi l’atto di Equitalia. L’atto deve essere consegnato nelle vostre mani o, in caso di vostra assenza, in quelle di un familiare convivente o, mancando anche quest’ultimo, in quelle del portiere. Il postino deve rispettare questa sorta di “ordine gerarchico” ed è tenuto altresì a far menzione, nella relata di notifica, posta alla fine della cartella, di aver proceduto a tali tentativi secondo questa scaletta. Attenzione però: sollevare una impugnazione contro la cartella esattoriale per difetto di notifica potrebbe essere controproducente. Infatti, la giurisprudenza segue il principio secondo cui l’opposizione stessa è prova di conoscenza dell’atto. Essa quindi sana ogni vizio di notifica.
2) Un’ultima osservazione in merito alle modalità di notifica per posta. Da più parti d’Italia è stato sollevato il vizio in merito alla illegittimità della notifica effettuata a mezzo posta. I tribunali si stanno spaccando in due, ma la Cassazione sembra tendere verso la opposta tesi, quella favorevole al fisco.
Le ipotesi di nullità
La cartella di pagamento può essere impugnata non solo, ovviamente, nel caso in cui essa sia viziata nella sostanza, ovverosia nel caso in cui il debito non sussista o sussista solo in parte, ma anche nel caso in cui essa sia viziata nella forma.
In quanto atto di diritto tributario, infatti, la cartella esattoriale è sottoposta a vincoli formali che devono essere rispettati a pena di nullità a tal proposito cercheremo di fare chiarezza circa le ipotesi concrete nelle quali la cartella di pagamento debba ritenersi nulla.Assenza o inesattezza della relata di notifica
Innanzitutto la cartella esattoriale è nulla nel caso in cui sia sprovvista della relata di notifica oppure nel caso in cui questa non sia apposta correttamente o manchi di alcuni requisiti essenziali.
Ad esempio, con la Sentenza n. 398/2012, la suprema Corte ha stabilito la nullità della cartella esattoriale laddove, nella copia consegnata al contribuente, la relata non indichi la data della notifica.
È inoltre nulla, secondo le sentenze della Corte di cassazione n. 6749/2007 e n. 6750/2007, la cartella esattoriale in cui la relata di notifica non sia apposta in calce all’atto, ma, ad esempio, nel frontespizio.
Mancato computo analitico degli interessiUn’ulteriore ipotesi di nullità della cartella esattoriale deriva dal mancato computo analitico degli interessi maturati.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4516 del 2012, infatti, laddove, dopo giugno 2008, venga omessa l’indicazione delle modalità con cui calcolare gli interessi e l’operato dell’ufficio incaricato della riscossione possa essere ricostruito solo attraverso indagini complesse e di certo non spettanti al contribuente, la cartella esattoriale è nulla per violazione del diritto di difesa.
In tal senso si è fermamente espressa anche la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con la sentenza n. 92/36/2012, per la quale l’atto di riscossione deve essere redatto in modo da consentire al debitore la verifica dei calcoli effettuati dal concessionario.
In sostanza, restano valide esclusivamente le cartelle che permettono al debitore di valutare agevolmente la loro esattezza.
Cartelle firmate dai “falsi dirigenti”
A seguito della sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la nullità delle nomine che hanno elevato a ruolo di dirigenti i funzionari dell’Agenzia delle Entrate senza lo svolgimento di un concorso pubblico, sono da reputarsi nulle anche tutte le cartelle esattoriali sottoscritte da tali “falsi dirigenti”.
Con la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso n. 784/15, infatti, si sono iniziate ad avvertire le prime conseguenze della sentenza di incostituzionalità e si è dichiarata la nullità di una cartella di pagamento ai fini Irap e Iva firmata, appunto, da un funzionario incaricato del ruolo di dirigente ma sprovvisto dell’effettiva qualifica.
Notifica da parte di soggetti non legittimati
Vera e propria inesistenza giuridica della notificazione della cartella di pagamento, infine, sarebbe generata, secondo la giurisprudenza, dall’inoltro dell’atto da parte di Equitalia senza il tramite dei soggetti a ciò legittimati, espressamente individuati dall’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973.
Si tratta, nel dettaglio, degli ufficiali della riscossione, degli agenti di polizia municipale, dei messi comunali previa convenzione tra Comune e concessionario e degli altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge.
In tal senso si sono espresse recentemente, tra le altre, la Commissione Tributaria Provinciale di Parma con la pronuncia n. 18/2013 e la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso con la pronuncia n. 36/2013.
Tutte le ipotesi prese in considerazione costituiscono soltanto una minima parte delle numerose pronunce emesse in materia, che rappresentano una prova evidente che la giurisprudenza relativa alla nullità delle cartelle esattoriali è in fermento e sta iniziando a recepire sempre più frequentemente le numerose istanze provenienti dai contribuenti.
Ovvero nulle se notificate col postino: i giudici sconfessano la Cassazione !!
È una battaglia senza fine quella che si sta consumando tra i tribunali di merito e la Cassazione: i primi a favore del cittadino, la seconda, invece, pro Erario. La diatriba verte sempre sullo stesso importantissimo interrogativo, dal quale dipende la sorte di quasi la totalità delle cartelle esattoriali inviate da Equitalia: è valida o meno la notifica delle cartelle di pagamento quando effettuata – così come sempre avviene – attraverso il servizio postale (ossia con i classici bustoni bianchi inviati con raccomandata a.r.)
Secondo, infatti, una fila sempre più consistente di giudici di primo e secondo grado, la notifica può essere effettuata solo dagli ufficiali della riscossione o dagli agenti della Polizia municipale o, infine, dai messi comunali. Di contrario avviso la Cassazione.
Le principali sentenze dei giudici che sposano la tesi a favore dei contribuenti.
– Commissione Tributaria Provinciale di Foggia – Tribunale di Torino ; – Commissione Tributaria Provinciale di Parma ; – Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza ; – Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso ; – Giudice di Pace di Genova ; – Commissione Tributaria Provinciale di Lecce ; – Tribunale di Galatina (prov. Lecce) ; – Commissione Tributaria Provinciale di Roma –
Invece, lo scorso mese di novembre, la Cassazione aveva infranto ogni speranza di vedersi annullati i debiti con l’Agente della riscossione, sposando la tesi opposta: ossia, le cartelle restano comunque valide anche se portate a casa dal comunissimo postino.
La più’ importante sicuramente quella di Campobasso 1] C.T.P. Campobasso, sent. n. 10 del 21.01.2014. poiché giunge dopo la pronuncia della Cassazione e, quindi, formalmente, ne prende in modo esplicito le distanze. In un passaggio delle motivazioni della sentenza, i Giudici di Campobasso ricordano che, in realtà, la Cassazione, pur affermando che la notifica della cartella di pagamento può realizzarsi con varie modalità e così tra l’altro anche senza ricorrere alla collaborazione di terzi (messi comunali, agenti della polizia municipale), ma direttamente ad opera del concessionario mediante invio di raccomandata con avviso ricevimento, non ha mai direttamente affrontato e risolto con una qualche motivazione, la questione della legittimazione dell’Agente di Riscossione a notificare direttamente con il mezzo della posta gli atti di sua competenza dopo l’entrata in vigore della riforma del 1999 (D.lgs. 46 del 1999 infatti ha eliminato dal d.p.r 633 del 1972, dopo le parole “mediante invio” l’inciso “da parte dell’esattore”.) che ha rimescolato le carte nel mazzo ( Ma non solo. In sentenza viene chiarito inoltre che le cause di inammissibilità di cui all’art.22 Dlgs.546 del 1992, tra le quali è prevista la difformità tra il ricorso depositato e quello consegnato o spedito, devono interpretarsi in senso restrittivo, riferendole unicamente agli elementi fondamentali e sostanziali del ricorso, ovvero ai casi in cui il rigore estremo che consegue alla inammissibilità trovi seria giustificazione. L’omessa riproduzione della procura al difensore nella copia del ricorso consegnata all’Agenzia delle Entrate, copia nella quale oltretutto il difensore attesta l’esistenza della procura nell’originale del ricorso, non concreta difformità tale da rendere inammissibile il ricorso poiché attiene ad elemento formale e non compromette il diritto di difesa della controparte. )
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